We always return
Nella Tarantino
Molto tardi, nella notte
E’ già tardi, molto tardi, nella notte.
Sale verso di me un incendio, ma non ritorno, non c’è più tempo.
Notte immensa, notte pura, libera della mia immagine, stanca,
la cancelli, e tornano a invaderti, all’apparire delle tue stelle, nascoste,
le tracce ed ombre degli assenti e dei morti, che t’hanno attraversato
e ti abitano ancora.
E così quando l’ignoto trionfa, nel puro nulla del vuoto,
un fantasma m’assale, e nasce e mi cattura, la tua bellezza, di tenebra,
e tutto quanto esalta la tua fuggitiva fatalità,
spettro di grazia e di splendore,
sconosciuta apparizione che accendi questa oscurità,
e mi offri per un istante, ancora, il dono dell’eterno.
Fu un istante… poi la notte si richiuse su di me, sulle sue luci morte.
Impercettibilmente, quello sguardo, verso dove?
Fotografie strappate alla visione, palpebre scucite dell’inconscio
Spalancati gli occhi sulle macerie insepolte della Storia.
Dal sonno, dall’abisso della notte scaturiscono città di tenebre.
Violate da luci artificiali d’infinite fiamme elettriche di torri e guglie edificate in sogno.
E cade e cade e cade sui tuoi passi di ieri sulla pietra sul selciato sulla terra calpestata fango.
S’abbassa lo sguardo spalancato alla visione d’ogni pozza ch’assorbe d’ogni scritta
sul muro di vetrina al suo riflesso d’ogni vertigine di scale, cade.
Quale desiderio o paura nascondono i tuoi occhi, tracce di luce nella notte?
Vago senso di morte, cosa ti trattiene e ti imprigiona nell’invisibile silenzio dell’attesa?
Qualcosa di non raffigurabile che non risale e si perde, come uno scarto, un residuo, una scomparsa.
Distanza, materia perduta e tralasciata, dolore di ferita che non rimargina,
la lontananza che ci separa, l’ombra che diventeremo.
Non c’è più tempo
La fotografia è la mia “zona”, là dove regna il silenzio, dove il tempo si è fermato.
Quando fotografo supero il filo spinato, la garitta delle guardie, l’ultima luce sull’asfalto.
Quando fotografo divento uno stalker, entro, senza accorgermene, nella zona d’alienazione,
come in una febbre seguo il desiderio, scruto il caso, la vita, il destino.
Mi immergo nel mistero, e dimentico. Mi guarda in volto per l’ultima volta
tutto quello che perdo e si allontana. Si scrostano tutti i veli, gli intonaci antichi,
finalmente vedo.
Quando fotografo è come se tornassi alla vita, sfioro la cenere e il vento,m’inoltro nell’oscurità del labirinto e nelle profondità della palude, una brace ancora accesa in una stanza del tempo. M’addormento, il sonno, il sogno, la visione.
Non parto più, da tempo, resto ad aspettare, la zona è arrivata fino a qui, da me, sotto casa mia, non posso più arretrare, sfonda ogni porta, mi è venuta a prendere, come un oscuro mare, continua a salire fino ad annegare. Ma, e potreste stupirvi, niente più mi spaventa, io Vi lascio entrare.
Dalla nebbia che sale, dagli acquitrini della palude, voci di suppliche di preghiere.
Care anime dei morti, fantasmi delle mie notti, volti lontani d’ombre d’altre vite che credevo perdute.
We always return, I am no longer afraid of dying.
03 maggio ore 18,30
Apertura e presentazione libro “We always return ” a cura di Guseppe Cicozzetti